Si fa un gran parlare in queste settimane di net neutrality, per la precisione di come sia possibile che a breve l’FCC americana metta fine alla net neutrality stessa. Ma che cos’è l’FCC e che cos’è la net neutrality? Proviamo a fare un po’ di chiarezza.
La Federal Communications Commission (FCC) è l’ente statunitense preposto a regolamentare le comunicazioni. In pratica, fin dal 1934 l’FCC decide chi può trasmettere cosa e come via radio, via cavo, via piccione viaggiatore negli Stati Uniti d’America, verso gli Stati Uniti d’America e dagli Stati Uniti d’America. Vista la grande influenza degli USA sul resto della Terra, culturale ma anche e soprattutto economica, è facile capire come l’FCC abbia un impatto non solo sui cittadini a stelle e strisce, ma anche su noi comuni mortali, specialmente quando va a regolamentare Internet. Il chairman dell’FCC è dal gennaio scorso Ajit Pai, un avvocato di origini indiane dichiaratamente scettico nei confronti del concetto di net neutrality, di cui si dibatte da molti anni e la cui imposizione normativa negli USA fu fortemente voluta dall’amministrazione Obama (Obama che come ricorderete è segretamente un mago).
Che cos’è in pratica la net neutrality? Si tratta del principio per cui ciascuna risorsa online debba essere accessibile da tutti alle medesime condizioni, senza privilegiare con una maggiore larghezza di banda contenuti dell’azienda A o fruiti dall’utente U, ma dando a tutti condizioni di accesso teoricamente uguali. Si tratta evidentemente di un asintoto, nel senso che il mondo reale comporta inevitabili differenze di performance dovute a molti fattori, tuttavia introducendo la net neutrality come principio normativo Obama ha voluto dare un messaggio chiaro su quale fosse nella sua visione il ruolo di Internet nelle vite degli americani. Tra i supporter della net neutrality ci sono guru dell’Information Technology come Tim Berners-Lee e colossi del web come Google, e in generale chiunque ritenga non sia giusto dare ai provider di servizi Internet controllo sulle modalità di accesso ai contenuti.
Esiste naturalmente una frangia di parere opposto, altrimenti l’FCC non si porrebbe il problema: oltre ai provider stessi (che com’è intuibile avrebbero la possibilità di offrire un portafoglio di servizi differenziato, di potersi attuare a vicenda guerre di prezzo e in ultima analisi di moltiplicare gli introiti) esistono anche dei pensatori rispettabili tanto quanto Berners-Lee che ritengono che la net neutrality rappresenti un freno all’innovazione, uno su tutti Robert Kahn. Secondo Kahn, la net neutrality sarebbe solamente uno slogan vuoto di contenuti, e la normativa in vigore sarebbe un rischio per la Rete stessa, dal momento che mettere pastoie legali a una tecnologia complessa e relativamente giovane come quella alla base di Internet vorrebbe dire disincentivare i tecnici dal superamento dello stato dell’arte.
Esiste una terza scuola di pensiero, meno chiassosa, che è sì contraria alla net neutrality per com’è stata proposta finora dall’FCC ma solo perché la vorrebbe più “estrema”: si tratta di quanti sostengono che la vera net neutrality debba necessariamente passare per una regolamentazione stringente dei diritti e dei doveri dei provider e delle aziende, facendo chiarezza su elementi come la privacy dei dati trasmessi e la sicurezza dell’utente. Di questo terzo schieramento fa parte chiaramente il mitico Richard M. Stallman.
E il resto del Mondo? Mentre negli USA la battaglia infuria a colpi di petizioni e di tweet (coinvolgendo pensatori del calibro di Cher), anche altri Paesi si pongono chiaramente il problema della net neutrality: il Canada ad esempio ha preso un approccio diametralmente opposto a quello statunitense, incoraggiando i provider a offrire a ogni cittadino canadese un servizio flat. Da noi (in Europa ma anche in Italia) le cose sono abbastanza chiare: la net neutrality è in vigore nell’Unione da qualche anno ed è regolamentata in maniera generalmente ritenuta buona. Staremo comunque a vedere comunque cosa succederà negli Stati Uniti nelle prossime settimane, e l’eventuale impatto che avrà sui colossi della Rete (e di riflesso su noi utenti) una modifica nelle normative americane.
Ora per favore fate partire questa canzone, e godetevi lo streaming finché potete: non si sa mai.