
“Con un abito da sera e una cravatta bianca, anche un agente di borsa può guadagnare la reputazione di essere civilizzato.” – Oscar Wilde
Che cos’è la Finanza? Se la risposta che avete in mente riguarda quei tizi che postano video sulle criptovalute da un hotel di Dubai, allora non ci siamo. O meglio, anche loro operano in un certo senso nell’ambito della Finanza, ma è decisamente ingiusta la confusione che da sempre domina nel sentire comune tra termini (e soprattutto concetti) che afferiscono al mondo del denaro, Finanza in primis: negli anni ’80 si pensava che essa fosse un mondo a esclusivo appannaggio di aspiranti sosia di Michael Douglas, negli anni ’90 il termine è diventato quantomeno in Italia sinonimo di malpratiche gestionali e corruzione, nel nuovo millennio si sta traducendo nella mente di molti in una sorta di disciplina a metà strada tra l’hacking, la compilazione della schedina e la stregoneria: a oggi, in molti pensano che “fare Finanza” voglia dire avere un account su eToro, guardare quattro video sui social e mangiarsi la casa (o magari costruirne una, se si ha fortuna) con le criptovalute.
La realtà è che tutte queste interpretazioni del termine sono imprecise, troppo specifiche in funzione di scenari e personaggi “trendy” (dunque di rilevanza temporanea), e soprattutto derivanti dalla mancanza di una reale comprensione delle teorie e degli strumenti che compongono la Finanza in quanto disciplina. Una disciplina che ha le sue regole, non solo intese nel senso di limiti imposti dalla Legge ma anche e soprattutto intese come derivazioni di quella che è la più bella delle discipline scientifiche: la Matematica. Intuitivamente tutti lo sappiamo: la Finanza ha a che fare coi soldi, i soldi si contano, contare richiede l’uso di numeri, i numeri sono entità matematiche; ergo, la Finanza in qualche modo deve avere dei punti di contatto con la Matematica.
Quello che però i vari fenomeni del trading all’amatriciana non esplicitano (magari perché non lo sanno) è quale sia il grado di rigore matematico che c’è dietro a decisioni di tipo finanziario, le quali se effettivamente a volte assumono natura di scommessa sono o almeno dovrebbero essere sempre guidate da considerazioni numeriche. In parole povere: se compi una scelta finanziaria senza fare i conti non stai facendo Finanza, stai giocando d’azzardo.
Come si fanno questi conti? In primis, e qui sta la grande caratteristica identificativa della Finanza, tenendo conto dell’effetto che ha il tempo sul valore delle risorse economiche. Ed ecco che è evidente, pur nell’ambito di quello che non vuole essere un discorso necessariamente coerente bensì una sequela di riflessioni un po’ a braccio sulla mia esperienza personale, il legame della Finanza con quanto discusso finora qui: la Finanza è la disciplina che studia il rapporto tra tempo e denaro. Tempo: continua a saltare fuori questa parola. E se è sicuramente vero che non è solo il tempo passato a influenzare i flussi di cassa di un’azienda, la prima cosa da capire è che anche in assenza di eventi che perturbino l’andamento teorico di un piano industriale ci penserà il tempo a introdurre delle variabili interessanti. In sostanza: anche immaginando di avere entrate costanti e uscite costanti, la performance aziendale sul medio-lungo periodo cambierà, nel senso che il risultato di fine anno avrà un significato diverso dal punto di vista molto pragmatico del valore del denaro. Quantificare questo cambiamento è uno dei compiti della Finanza, la quale ci serve a rispondere (in termini aziendali) all’annosa questione relativa a cosa sia preferibile tra l’uovo e la gallina.
Un euro oggi non vale quanto un euro domani, e non necessariamente due euro domani valgono più di un euro oggi (con “oggi” e “domani” intesi generalmente come momenti diversi nel tempo). Perché dico una cosa che ad alcuni sembrerà ovvia? Perché ascoltando chi ci circonda pare non esserlo: perché, mi domando, tante persone paragonano a distanza di vent’anni dall’adozione dell’euro il costo che aveva il gelato negli anni ’70 con quello che ha oggi e incolpano appunto la valuta europea per questo oltraggioso aumento? Probabilmente perché gli esponenti di una certa frangia politica (anzi, diverse frange politiche) hanno saputo confondere le acque, imputando alla valuta stessa l’effetto di una cosetta chiamata inflazione. O forse perché l’educazione finanziaria, se non proprio l’alfabetizzazione finanziaria, nel nostro Paese è carente: sempre lì si torna, a livello sistema non c’è stato evidentemente in Italia un interesse a fornire la popolazione di strumenti adeguati per comprendere la Finanza (né l’Economia nel suo complesso, a dire la verità).
Perché il gelato costa così tanto? Beh, tutti abbiamo sentito parlare di inflazione, giusto? Direi di sì. E di caro prezzi, invece? Tralasciando per un attimo il gelato, abbiamo sentito nominare i tassi di interesse, vero? Beh, almeno nella pubblicità di Mediaworld, dai. Certo che conosciamo questi termini, solo che non tutti si fermano a pensare a cosa significhino, non solo a livello di definizione ma anche e soprattutto all’atto pratico. Comprendere la Finanza, non necessariamente studiandone i massimi sistemi ma semplicemente imparando un minimo di Matematica finanziaria, permette di sopperire a queste lacune, e di affrontare la vita con più consapevolezza, per lo meno per quanto concerne le decisioni di natura monetaria.
Questo vale chiaramente in azienda (dove non a caso esistono figure preposte a considerazioni finanziarie, almeno nelle aziende più strutturate) ma non solo: quale mutuo mi conviene accettare per comprare casa? Faccio bene a rateizzare il costo del televisore? O magari mi conviene prenderne uno più piccolo pagando però tutto subito? Ha senso tenere la mia liquidità in banca? Se voglio investirla, quale sarà il ritorno previsto?
Non sono domande cui è semplice rispondere, né mi sognerei di dire che conoscere la Matematica finanziaria sia sufficiente a prendere decisioni razionali, anche e soprattutto perché c’è un altro elemento da considerare: l’incertezza, la probabilità, il rischio. Però un punto di partenza sicuramente c’è: imparare ad attualizzare il denaro, ovvero a riportare a oggi il valore che avrà una certa cifra in una data futura. Quello, al netto di perturbazioni, incidenti, colpi di fortuna, lascti testamentari, superbonus truffaldini e qualsiasi altra variabile impazzita, è il minimo: sembra facile ma non lo è, poiché per attualizzare il denaro occorre stabilire un tasso di attualizzazione adeguato. E qui ne avrete di pagine da studiare, amici che non vi accontentate di Youtube. Però ne vale la pena: sarete amministratori migliori, e non è necessario passare dal notaio per volerlo essere.