Kaen Chronicles – Episodio 15: Networking

“Può darsi che vi giunga nuova, ma nella vita c’è di più che starsene seduti a stabilire contatti.” – David Foster Wallace

Nel mesto mondo del domani che abitiamo (il quale è per inciso molto meno mesto di quanto si pensi) sono molte le parole abusate e strabusate al punto da diventare anatema per la mente pensante: resilienza, tanto per fare subito un esempio devastante, è un termine che non si può sentire, totalmente snaturato dal suo reale significato e ceduto ormai in usucapione a orde di presunte e presunti coach, motivatori, guru in offerta speciale 3×2.

Il meccanismo è sempre quello: chi non ha sostanza cerca di avere apparenza, spesso ammantandosi di un alone di presunta superiorità anche tramite l'(ab)uso di termini apparentement altisonanti. Sono diversi però esiti e finalità: i primi, nel senso che a volte questi salti mortali morfosintattici sono immediatamente riconosciuti come appartenenti al novero delle famose supercazzole; le seconde, nel senso che ogni tanto questa cosa viene fatta in buona fede e ogni tanto per mettere su uno dei soliti baracconi piramidali. Baracconi nei quali spesso viene fatto uso del termine networking: aprite un social network a caso, scorrete la vostra lista di contatti, cercate qualcuno che definisca la sua professione usando quella parola: vi accorgerete che nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di persone cui non lascereste la responsabilità del vostro pesce rosso per il fine settimana, figuriamoci dare loro dei soldi.

Non è però di questo aspetto che intendo parlare oggi, quanto di come il networking inteso nella reale accezione della parola – ovvero: creazione di una rete di contatti, di cui possibilmente occupiamo uno dei nodi – sia non solo un’attività umana fondamentale alla sopravvivenza (d’altronde siamo animali sociali e lo sappiamo fin dai tempi di Aristotele) ma anche qualcosa di propedeutico e forse addirittura necessario all’avviamento di un’attività imprenditoriale.

Fugo subito ogni dubbio: non mi sto riferendo all’orrenda nemesi della meritocrazia che è il nepotismo, né ai famosi cugini che sanno creare siti Internet, né tantomeno alla bruttura degli agganci ai piani alti e di ciò che ne consegue. Ciò di cui parlo è la genuina, naturale, utilissima costruzione di una serie di contatti coi quali abbiamo in una qualche misura degli interessi collimanti a partire dai quali possiamo creare valore.

Non scendiamo in dettagli in questa sede superflui (benché interessantissimi) su quale sia il numero ottimale di contatti gestibili da una singola persona, sia in orizzontale (come contatti “paritari”) che in verticale (come risorse a riporto diretto), limitiamoci a chiederci questo: quando una persona nel nostro insieme di contatti è veramente un asset per la nostra attività imprenditoriale?

A mio modo di vedere, quando la nostra relazione presenta almeno una delle seguenti caratteristiche, auspicabilmente tutte: allineamento o vicinanza dei rispettivi valori, stima reciproca, fiducia reciproca. Sembrano tre aspetti banali e “minimi” ma in realtà dietro a questi fattori si celano dei mondi, si cela in particolare in maniera implicita il fatto di avere dei trascorsi che non siano limitati al bar o al campo da calcio: per conoscere i valori di una persona occorre averla vista all’opera, possibilmente in situazioni sfidanti; perché esista stima reciproca occorre aver avuto contezza non solo del modo di lavorare altrui ma anche degli obiettivi conseguiti; perché ci sia fiducia occorre essere sicuri di avere a che fare con una persona dall’etica solida.

Questo, per l’ennesima volta da quando ho iniziato a buttare giù queste riflessioni disordinate, riporta in campo il tempo: per fare networking come si deve, senza forzature e in maniera fisiologica, occorre avere dei trascorsi lavorativi. Certo, è un’attività che non si ferma mai, ed è certamente possibile cominciare da zero senza aver mai lavorato, senza aver mai portato a conseguimento un progetto, senza aver ancora guadagnato la fiducia di nessuno. Però non è raccomandabile: personalmente, pur senza scendere nei dettagli (cosa che cerco sempre di evitare qui) posso contare in cinque mesi di attività non meno di sei progetti/prospect qualificati che sono arrivati a me in “modalità pull” (ovvero senza che io facessi nulla, in soldoni). Ogni volta si è trattato di persone nei cui valori posso in qualche misura riconoscermi, con cui vige un rapporto di stima reciproca, delle quali mi fido e che si fidano di me.

Diffidate da chi vi dice che fa networking: se fate il vostro lavoro con passione, onestà e pazienza lo state facendo anche voi, e sicuramente meglio di loro. Certo, in quanto a resilienza siamo un po’ indietro, ma non si può avere tutto dalla vita.

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