
Alla fine del 2022, resomi conto di aver scritto tanta roba per adulti (storie a dire il vero molto spesso deprimenti o quantomeno un filino disincantate) ho deciso di provare a cimentarmi nella produzione di un raccontino per bambini. Niente di particolarmente sofisticato, un breve divertissement nato da una considerazione molto banale: spesso i felini rompono le palle ma noi umani non capiamo il perché. Mi è venuta dunque in mente l’immagine di un gatto che si incazza e scende in strada a manifestare con un cartello con sopra scritto “Miao!”, e ci ho ricamato un poco sopra.
Ho appreso ieri con piacere che il racconto risultante da questo esperimento – intitolato “Lo sciopero dei gatti” e apparso sul mio Patreon qualche mese fa – è stato giudicato positivamente dalla giuria del premio letterario 88.88, al quale partecipo sempre con piacere, risultando quarto classificato all’edizione corrente. Anche considerando che è un genere per me totalmente nuovo, una buona soddisfazione.
Il concorso 88.88, organizzato da YOWRAS, è diventato per me negli anni una sorta di tradizione. Non partecipo a tutte le edizioni, perché cerco di non “spammare” racconti e mando qualcosa solo quando penso di avere una buona storia per le mani, ma l’ho fatto quattro volte dal 2016 a oggi, ricevendo il primo riconoscimento proprio in quella lontana edizione: quella volta ricevetti una menzione dalla critica per “The wars end“, una semplice storia che parla di cambiare prospettiva diventando grandi. La giuria ne parlò in questi termini: “Un frenetico susseguirsi di emozioni e di ricordi, di vita trapassata ma non remota, di cose che possono dire e raccontare prima di essere dette e raccontate. Adatto a chi ha voglia di ricordare, ma anche a chi ha voglia di capire cosa sono le guerre che si fanno per trovarsi finalmente, o purtroppo, grandi.” Rileggendo oggi quel racconto, il quale già che ci siamo verrà pubblicato qui e sulla mia solita pagina Patreon il prossimo mese tanto per rivangare il passato, mi rendo conto di come il mio stile sia cambiato negli anni, pur preservando alcuni elementi che mi dispiacerebbe perdere. Uno tra tutti, il rapporto che corre nella mia testa tra musica e scrittura, a volte esplicitato e a volte no: nel caso di questo racconto tale rapporto si esprime fin dal titolo, che è preso da una canzone di uno dei miei gruppi preferiti.
Passarono poi alcuni anni, arrivò il 2021, nel mezzo capitarono molte cose tra cui il COVID-19: proprio dalla pandemia trae ispirazione il racconto con cui per la seconda volta partecipai al concorso, questa volta vincendo il primo premio (con tanto di assegno gigante, tipo quello di Mai dire Banzai). Il racconto in questione si intitola “Questo“, parla di una ragazzina che una notte prova a scappare di casa ma viene beccata dalle forze dell’ordine avendo violato il coprifuoco: “Questo è un racconto. Questo va bene. Questo è ciò che succede quando nella vita non va come credi o come speravi andasse. Questo è una fotografia sui figli, sui genitori e sulla vita. Questo ti lascia senza fiato, ti fa sorridere e piangere e ti dà un senso di rivincita che solo gli animi forti sanno immaginare.” Il racconto è per sua natura un po’ sperimentale: avendo notato una certa tendenza popolare a ipersemplificare la lingua italiana ricorrendo a frasi telegrafiche, ho provato a portare all’estremo il concetto raccontando una storia intera con frasi secche, punteggiatura minimalista, ripetizione forzata della parola “questo”, la quale serve a guidare il lettore attraverso una serie di “inquadrature”. Anche questo (no pun intended) si può leggere qui.
L’anno seguente provai nuovamente a iscrivermi al concorso, questa volta senza che i miei racconti furono selezionati dalla giuria: si trattava di due storie un po’ particolari, una per lo stile (“Angelina“) e una per la tematica (“VINCERE). Anche questo ci sta: non solo è impossibile scrivere racconti che piacciano a tutti quanti, non solo le giurie sono fatte di persone con le proprie opinioni e i propri gusti, ma soprattutto uno non deve scrivere per vincere premi: si deve scrivere per scrivere, mettendosi in gioco e sperimentando e divertendosi. I premi, se arrivano, sono una gradita sorpresa, ma la scrittura deve essere fine a se stessa, e in quanto tale vive anche di feedback negativi (o quantomeno non positivi).
E chiudendo il cerchio, è appunto positivo il feedback ricevuto da questo nuovo racconto: mi fa piacere, anche perché come ho detto si tratta di un esperimento totalmente nuovo per me, e non fa che rafforzare la mia convinzione che certi appuntamenti vadano rispettati. Per me, uno di questi appuntamenti è il bel concorso di YOWRAS. Che si vinca o che si perda, l’importante è scrivere.