
“Many a man is saved from being a thief by finding everything locked up.” – Edgar Watson Howe
Come il lettore attento ha probabilmente già dedotto, non sono un grandissimo fan dell’amministrazione pubblica in questo Paese, né sono particolarmente contento di un cuneo che più che essere fiscale a volte sembra fisico, e pare ben piantato nel posteriore dei contribuenti e dei lavoratori. Vivo seguendo un principio che mi piacerebbe poter rispettare anche nei miei rapporti con l’Italia: pago volentieri per un prodotto o un servizio di qualità, evito di buttare soldi in cose che di qualità non sono. Questo è purtroppo impossibile quando si tratta di tassazione: le tasse vanno pagate, e ci mancherebbe altro, ma in cambio riceviamo purtroppo servizi disastrosi, erogati in tempi biblici e spesso da persone impreparate, svogliate o comunque insopportabili. Nel momento in cui uno sceglie di continuare a vivere qui – e spesso la notte mi domando cosa mi spinga a continuare a farlo – accetta a malincuore che i propri soldi finiscano sperperati, quando non entrano nell’orribile schema piramidale che è il sistema pensionistico italiano.
Tuttavia, non è lo Stato la “zecca” di cui si accenna nel titolo di questo post: sono quelle persone che allo Stato si pensano di sostituire, in particolare nella sua funzione di vampiro. Insomma, ladri e truffatori: quelli che una tendenza particolarmente sorniona (e forse rivelatrice) di certa stampa ha da tempo battezzato “furbetti”. No, non sono furbetti: sono dei criminali. E se vuoi fare impresa in Italia – così come nel resto del mondo, suppongo –, devi essere pronto a misurarti con loro.
Agiranno subito, ma già lo sai: sei già abituato ai call center truffaldini, allo spam da cui l’eroico filtro della tua casella Gmail ti salva ogni giorno, ai tentativi di catfishing da parte di quarantenni indiani che si fingono giovani modelle, ai finti questuanti fuori dai supermercati. Quindi, avendo già la guardia alta, non ti farai sorprendere dalla rapidità con cui queste persone cominciano a prenderti di mira: qui l’imprenditorialità va punita, e in un Paese in cui i ladri sono considerati furbi chi fa l’opposto di quello che fanno loro (ovvero creare valore) viene trasformato da un assurdo ribaltamento in un pollo da spennare.
Nel mio caso, il primo di questi signori non mi ha quasi dato il tempo di tornare a casa dallo studio del notaio: il primo tentativo di truffa ai danni della mia azienda è arrivato sotto forma di busta priva di francobollo (dunque infilata a mano nella cassetta delle lettere) in cui un signore le cui iniziali sono V.C., il cui cognome denotava un’evidente origine partenopea, mi chiedeva con una certa urgenza di pagare un non specificato tributo alla Camera di Commercio, la cui entità era abbastanza simile a quella della cifra che avevo davvero dovuto pagare in fase di iscrizione. Nome, cognome, IBAN di questo fantomatico “incaricato alla riscossione”.
La lettera era fatta bene, sembrava davvero un modulo di pagamento ufficiale, e come ho detto l’entità del pagamento era curiosamente simile al totale delle varie imposte da pagare in fase di avviamento: se non avessi anticipato la cifra al mio commercialista avrei sinceramente rischiato di cascarci. D’altronde uno è alle prime armi, ha mille cose da pagare (e in Italia ne sbuca una al giorno), mille pensieri: capita di distrarsi, no? Peccato che io avessi già pagato tutto quanto, e che sapessi perfettamente di dover ignorare quella comunicazione.
Immagino che l’attività di V.C. segua un percorso tipo questo: tiene d’occhio il sito della Camera di Commercio, aspetta che arrivi qualche nuova iscrizione al registro imprese, reperisce i dati sociali, prepara una copia della sua richiesta truffaldina, e si incammina verso casa dei malcapitati. Su cento missive che imbuca ce ne sarà una mandata a qualcuno che ci casca, no? E così il nostro V.C. può arrotondare il reddito di cittadinanza, il sussidio di falsa invalidità o qualsiasi canale abbia trovato per mungere l’inefficiente vacca della Penisola (perché è ovvio che uno così prima di tutto si accaparra tutto l’assistenzialismo che può, e solo dopo si dedica alle truffe vere e proprie).
Ho scelto di non andare a denunciare il buon V.C. (che non è “WC” ma quasi, e di cui non faccio il nome per esteso per evitare l’assurda possibilità che questo finisca poi per querelarmi per aver parlato della sua mancata truffa) perché tanto uno che ha la faccia tosta di firmarsi con nome e cognome in una roba del genere sicuramente risulta nullatenente o si è tutelato in altro modo, e avrei solo perso tempo.
Avrei dovuto? Forse sì, non saprei. Quello che so per certo è che V.C. non sarà l’ultimo: il mondo fa di tutto per metterti i bastoni tra le ruote, e a volte i suoi agenti sono individui squallidi come questo. La cosa importante è essere sempre onesti e rigorosi, agire con coscienza tranquilla, fare e farsi tante domande, e fare di tutto perché nemmeno una briciola più del dovuto finisca sulla tovaglia del V.C. di turno.