Kaen Chronicles – Episodio 5: Il Nome del Gioco

“I don’t think I heard the word ‘client’ once.” – Bertram Cooper

Sì, vabbè, le idee sono belle anche se a volte costose da realizzare, ma una volta che le abbiamo trasformate in realtà? A quel punto occorre trovare qualcuno che le ritenga talmente buone da pagarci per realizzarle, o se le abbiamo già realizzate da pagarci per usufruirne, comprarle, noleggiarle. Insomma, ci servono dei clienti.

Non serve ipotizzare di essere in un mondo ideale per auspicare che un minimo di analisi sia stata fatta a monte, ma volendo considerare per un momento una situazione ottimale andrebbero considerati quantomeno tre livelli di quella cipolla che è il mercato. Perché dico che è una cipolla? Non solo perché spesso ci troveremo in lacrime ma perché un mercato può essere diviso in “strati”: c’è il Total Available Market (il TAM), ovvero il valore complessivo dell’intero mercato globale, ciò che sarebbe possibile fatturare nel caso iperbolico in cui tutti i possibili clienti della Terra non solo vogliano comprare il prodotto (non i suoi possibili surrogati) ma vogliano comprare proprio il nostro (non quello dei nostri competitor); il Serviceable Available Market (o SAM), cioè la quota che rimane una volta considerata in un certo senso la non-idealità di cui sopra, il fatto cioè che non tutti gli abitanti del pianeta stiano lì ad aspettare noi e che quindi occorra circoscrivere il raggio d’azione geografico che potremo raggiungere; infine il Serviceable Obtainable Market (o SOM), cioè la frazione del SAM che a forza di sgomitate, promozioni, bassezze e auspicabilmente anche di genuina qualità del nostro prodotto riusciremo a conquistare.

Un esempio pratico? Il mio caro amico Paolo ha lanciato alcuni anni fa un food truck, Tomo Tomo Bistrot. L’idea alla base di Tomo Tomo Bistrot è quella di abbinare ricette tipiche della tradizione campana con ingredienti del nostro caro Friuli, e il risultato è davvero notevole: un menù che varia spesso, con alcuni piatti fissi e altri stagionali, inventiva e originalità, alcuni esperimenti così particolari da sembrare azzardati (ma che funzionano sempre), e in generale un’offerta diversa da quella della ristorazione locale. Tomo Tomo Bistrot orbita intorno al paesino in cui vive il suo proprietario, ha alcune tappe fisse che visita ogni settimana e altre che dipendono dal calendario di feste paesane, sagre e occasioni varie: è quello che fa un food truck, d’altronde, salvo rari casi tipo quello di Carl Casper nel film Chef.

Che obiettivo aveva Paolo quando ha aperto Tomo Tomo Bistrot? Non glielo chiesi ai tempi, ma se glielo avessi chiesto sono certo che non mi avrebbe risposto “Voglio vendere pizze fritte a ogni abitante della Terra”: ho amici determinati ma non fino a quel punto, e difficilmente la banca gli avrebbe fatto un prestito se le premesse fossero state quelle. Porsi quell’obiettivo avrebbe voluto dire fermarsi al TAM della ristorazione: tutti mangiano, dunque in linea puramente teoria è un mercato che comprende ogni singolo essere umano del pianeta.

Paolo ha giustamente ristretto il raggio d’azione: nel caso di un food truck è facile capire cosa rappresenti il SAM: visto che spostarsi ha un costo, anche considerando il rapporto Maometto/Montagna come biunivoco (leggi: Tomo Tomo Bistrot si sposta per andare verso i clienti, ma i clienti gli vanno incontro) nessun food truck può realisticamente coprire un raggio d’azione troppo ampio, e nel momento in cui il proprietario stabilisce quanti chilometri abbia senso fare in un giorno lavorativo ecco che automaticamente ha individuato il suo SAM, circoscritto diciamo a un raggio di una ventina di chilometri da casa.

Quindi Paolo venderà pizza fritta a ogni singolo abitante del Friuli in un raggio di venti chilometri? Purtroppo per Paolo (e per i dietologi della provincia di Udine), no: ci sono persone che non mangiano fritti, altre allergiche al lievito, altre che preferiscono servirsi presso altri ristoranti, altre ancora che preferiscono cucinare. Insomma, ci siamo capiti: non si può (né si deve, concetto fondamentale del Marketing) piacere a tutti quanti. Stimare quanti dei possibili clienti all’interno del SAM potrebbero sceglierci vuol dire individuare il SOM, che è in ultima analisi il nostro reale bacino d’utenza.

Almeno per ora: crescendo, se saremo bravi, riusciremo ad allargare il nostro SOM, e soprattutto la nostra quota di mercato. Perché come diceva il mitologico Mark Hanna in The Wolf of Wall Street, “Name of the game: move the money from your clients pocket into your pocket“. E scusate se è poco.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...