Kaen Chronicles – Episodio 4: I want you to go in that bag and find my wallet

“We require more minerals” – Zerg Overmind

Ok: arrivati a questo punto ti sei deciso, hai scelto di iniziare questa nuova avventura, hai selezionato un’idea e ne hai scartate millecinquecento, sei pronto per cominciare.

Oddio, “pronto” è una parola grossa: alchimisti a parte, da che mondo è mondo tutti noi siamo ben consapevoli di come il denaro non cresca sugli alberi, e per la maggior parte siamo anche abbastanza sereni riguardo all’idea che per fare denaro occorra denaro. E come diceva il mio primo insegnante di Economia Aziendale, il compianto professor Centrone, “il denaro costa e puzza”. E non parlava solo di quello contrabbandato sotto forma di supposte per agevolare loschi traffici di stupefacenti dal Sud America.

In verità questo post potrebbe partire da molto più in là, da come siano in realtà non tanto il denaro quanto le risorse a servire (e come abbiamo detto all’inizio, una delle più importanti è il tempo): magari potrei riportare mirabolanti casi di milionari che ce l’hanno fatta partendo da zero (anche se molti di quelli che raccontano quel tipo di storia soffrono di una curiosa amnesia selettiva che fa sì che si scordino di avere genitori a loro volta milionari), oppure vicende realmente interessanti come quella di William Kamkwamba e della sua pala eolica (già appresa da molti di voi su Netflix, o almeno spero). Però alla fine mi toccherebbe giungere a un’unica conclusione, una che credo non stupirà nessuno: senza soldi non cominci. Chiaro e semplice, fattuale, incontrovertibile: sì, ci sono sempre finanziamenti a fondo perduto, prestiti agevolati, incubatori virtuosi, ma la realtà è che senza un minimo di grana non puoi neanche bussare dal notaio, figuriamoci mettere in piedi una società.

Quanto denaro mi serviva per cominciare? Non molto: la mia attività ha una struttura di costo piuttosto snella (leggi: non ho ancora dipendenti, non ho bisogno di attrezzature specifiche, ho già le competenze che mi servono per i primi tempi), e anche se a dirla tutta ho un po’ troppi costi fissi rispetto a quelli variabili (o più correttamente non ho ancora variabilizzato la maggior parte dei miei costi, preferendo un approccio tipo “Compro questa licenza e mi passa la paura” all’attribuzione puntuale delle spese a ciascun cliente), posticipando cose tipo l’acquisto di nuova strumentazione e facendomene in casa altre ho potuto cominciare mettendo sul piatto il capitale sociale, spese notarili e amministrative, e poco altro.

Avrei potuto fare diversamente? Certo: avrei potuto calcolare e tenere d’occhio il costo di acquisizione clienti ad esempio, scremare quelli poco redditizi in maniera analitica, ma la realtà è che non è una buona idea complicare troppo le cose. Per il momento posso navigare a vista e per me, per il mio caso specifico e per la mia azienda per ora va bene così, anche perché appunto di costi non ne ho avuti molti.

Non è questo però il punto, anche perché il mio caso è un po’ atipico (e non solo in quanto a costi ridotti: anche il fatturato con cui comincio non è propriamente usuale: magari ne parleremo quando parleremo di rischio d’impresa). Parlando in generale, i costi di avviamento possono andare da poche centinaia di euro a svariate centinaia di migliaia e oltre, in base al tipo di attività, ai dipendenti necessari, alle strumentazioni, alla dotazione software, agli investimenti marketing, eccetera. Dove si reperiscono i fondi?

Scartando lo scenario meno interessante (quello cioè per cui siate già molto benestanti, caso in cui vi invito a mandarmi due righe così magari mettiamo su un progetto, o se volete fare le cose facili a bonificarmi cinquecento euro come premio simpatia, o quantomeno a iscrivervi al mio Patreon che costa molto meno e fa divertire di più), la saggezza popolare ritiene che nel caso in cui vogliate buttarvi e aprire una vostra attività dobbiate ricorrere alle famigerate tre F: Family, Fools, Friends. Parenti, Stupidi, Amici. Ci sarebbe poi una quarta F con cui si possono fare i soldi, specie oggigiorno che OnlyFans spopola, ma purtroppo non sono stato premiato dalla Natura in tal senso, dunque ignorerò consapevolmente quella possibilità.

Perché proprio quelle categorie? Semplicemente perché enti più qualificati degli stupidi e meno “buoni” rispetto ai parenti e agli amici (banche in primis) non smaniano dall’idea di regalare denaro, né di prestarlo se non a fronte di una congrua remunerazione, ossia interessi. Interessi che (semplificando) sono tanto più elevati quanto maggiore è il rischio rappresentato dal dare dei soldi a qualcuno: avete presente quando Homer Simpson cerca di assicurarsi sulla vita dopo aver scoperto di avere seri problemi di cuore e gli viene rifiutata la polizza? Stessa cosa: assicurazioni, banche e altri istituti finanziari vogliono giustamente essere remunerati per il rischio che si assumono nel darti (o prospettarti) del denaro. Rischio, rischio, rischio: si torna sempre lì.

Il rischio – la cui gestione è a mio avviso un concetto alla cui comprensione la scuola italiana prepara poco e male gli studenti – è un po’ la chiave di lettura: non avendo una reputazione pregressa come imprenditori, non avendo cioè provato di essere in grado di ripagare i vostri debiti e di saper far fruttare un business, darvi del denaro è un’incognita per chiunque. Ed ecco dove entrano in ballo le tre F: i parenti vi fanno un regalo di Natale anticipato, gli amici pensano un gran bene di voi e magari si fidano, agli stupidi basta promettere guadagni facili e correranno a iscriversi al vostro schema piramidale. C’è gente che sugli stupidi ci ha costruito imperi, ma non posso nominarli perché hanno la querela facile.

E se uno non ha una famiglia generosa né amici fiduciosi? E se per giunta con gli stupidi non vuole averci a che fare? Una sola via d’uscita: lavorare tanto e sodo, rimboccarsi le maniche e iniziare a costruire qualcosa prima ancora di pensare di venderla. Lavorare gratis, insomma: studiare, prototipare, presentare, validare, trovare il modo di emanciparsi dalla scomoda posizione di persona priva di un minimo di credibilità per evolversi a persone con qualcosa da vendere. Trovare qualcuno che non sia stupido né necessariamente buono (e che dunque voglia e sappia valutare correttamente il rischio associato nel darvi del denaro) e convincerlo che prestarvi dei soldi non equivalga a gettarli nel gabinetto.

E qui ci sarebbe tutta una parentesi da aprire su cose tipo il mondo del crowdfunding, l’importanza degli elevator pitch, la possibilità non fantascientifica di trovare dei soci, ma rischieremmo di non chiuderla più. La morale è una sola: a prescindere dal modo in cui riuscirete a trovarli, per cominciare vi serviranno dei soldi, e possibilmente un’idea chiara di come andrete a spenderli. Questo da un lato non ve lo può insegnare nessuno, dall’altro è un passaggio reso più sicuro (di nuovo il rischio, vedete?) se lo si fa insieme a qualcuno che ci capisce qualcosa.

Oppure potete rapinare un ristorante, ma se poi vi beccano non dite che ve l’ho consigliato io.

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