Kaen Chronicles – Episodio 2: Il punto di partenza

“See? That was nothing. But that’s how it always begins. Very small.” – Egg Shen

Cosa viene prima, la volontà di mettersi in gioco o un’idea imprenditoriale da sviluppare? È un po’ un cane che si morde la coda: senza un’idea da sviluppare non ha senso avviare un’attività, senza il desiderio di mettersi in gioco non serve a molto avere un’idea. La condizione ideale è quella in cui i due elementi coesistono, chiaramente, anche se vi sono molti altri fattori da considerare: uno su tutti le risorse, monetarie o meno che siano, necessarie per cominciare una nuova attività. Tra tutte le risorse ce n’è una preziosissima e che ha un costo molto elevato, ovvero il tempo: spesso è quello, più che la mancanza di fondi o mezzi materiali, a fregarci: ne abbiamo parlato nell’Episodio 1, giusto? Il tempo fugge e noi non possiamo fare altro che provare a stargli dietro al meglio delle nostre possibilità. Torneremo a parlare di tempo, e sicuramente parleremo anche delle altre risorse necessarie per fare questa cosa (dove “questa cosa” significa “qualsiasi attività imprenditoriale”), ma per ora vorrei concentrarmi sul seme da cui provare a far nascere la pianta: l’idea da cui parte tutto.

Dove si trovano le idee? Rifacendomi come spesso faccio al mondo della narrativa, sono numerosi gli scrittori in gamba a detestare questa domanda: sicuramente esistono spiegazioni neurofisiologiche dietro al fenomeno per cui una mattina di colpo mentre sei sotto la doccia ti viene in mente di scrivere un romanzo di formazione su un muratore bulgaro che un giorno si sveglia nel corpo di Martufello, ma in fondo chi se ne frega? Stephen King non sa da dove gli vengono le idee, né lo sapeva probabilmente Joyce: le idee arrivano e basta, conta molto di più la loro implementazione che la loro provenienza. Tuttavia, credo che ai fini dell’argomento trattato qui sia importante provare a distinguere tra le varie tipologie di idee che possono portare alla decisione di diventare imprenditori, almeno a grandi linee. E descrivere tali tipologie implica in un certo senso rispondere alla domanda sulla loro provenienza. Naturalmente non ho pretesa di essere esaustivo, e di sicuro dimentico qualcosa di banale. Però non sono mica un tuttologo, no? Ecco.

Il primo tipo di idea è l’idea di prodotto (o di servizio): un bel giorno ti accorgi che sarebbe molto comodo avere una macchina che pulisce il pavimento al posto tuo e decidi di inventare il Roomba; oppure ti rendi conto che anche i non vedenti hanno bisogno di reperire informazioni scritte e te ne esci con il Braille; oppure ti stanno davvero molto sul cazzo i francesi e decidi di proporre all’esercito prussiano il lanciafiamme. E così via. Spesso idee imprenditoriali di questo tipo sono associate al concetto di start-up, in particolare quando vengono in mente a persone che devono mettere in piedi qualcosa da zero (i tipici ragazzi che fanno saltare in aria il garage), ma possono nascere anche in seno ad aziende che esistono già e risultare in nuovi prodotti, in spin-off, nel licenziamento di manager troppo ottimistici, e così via.

Ci sono poi quelle che chiamerò “idee ostili”: uno si incazza col suo datore di lavoro, esce sbattendo la porta (e magari fregandosi qualche bloc-notes) e continua a fare ciò che faceva prima, solo con una nuova ragione sociale (e auspicabilmente in modo almeno un po’ diverso). Questa decisione da un lato va a creare attriti e magari a frammentare le aziende (cosa che non è mai buona), ma dall’altro genera automaticamente concorrenza (cosa che invece è sempre ottima, ai fini di una salutare competizione e in ultima analisi per garantire che i consumatori abbiano servizi o prodotti migliori). Rispetto alla prima categoria, qui serve sicuramente meno inventiva e potenzialmente meno risorse (almeno in termini di know-how, che si suppone essere già in possesso di chi esce rubando i bloc-notes, altrimenti avrebbe fatto meglio a uscire rubando gli hard disk), ma serve anche una certa indole battagliera: le start-up spesso sono sconfortate dall’esistenza di competitor, mentre qui si parte subito col farsi dei nemici.

C’è infine chi fa come me: un bel giorno fa il punto della situazione, si rende conto di avere skill, contatti e competenze sufficienti a essere un attore indipendente sul mercato del lavoro, e decide di creare qualcosa che seppure non strettamente innovativo (io ho creato una società di consulenza, ce ne sono tantissime nel mondo e starà a me essere capace di intercettare un buon bacino di utenza diversificando o stringendo partnership o in qualche altro modo) è a suo modo nuovo (il mio modo di erogare servizi sarà diverso da quello degli altri, perché deriva dal mio percorso e dalla mia persona, e questo si rifletterà sulla mia azienda); inoltre, pur non essendo privo di competitor (come dicevo il mondo è pieno di società di consulenza) non mi mette nemmeno immediatamente sul ring contro qualcuno (non faccio concorrenza ai miei precedenti datori di lavoro ad esempio, con cui sono anzi in ottimi rapporti, e agisco in una nicchia che non è coperta dai grandi colossi della consulenza e che allo stesso tempo esclude a priori gli incompetenti).

Insomma, nel mio caso tutto è partito da qui: il mio percorso di vita mi ha portato a ottenere capacità tecniche, gestionali e manageriali tali da poter fornire servizi alle famigerate PMI, da tempo dalla mia rete di conoscenze arrivavano diverse proposte di collaborazione che in quanto dipendente altrui dovevo declinare, e quando ho capito che tali proposte potevano costituire un buon punto di partenza per garantirmi un fatturato più che dignitoso con cui partire ho deciso di lanciarmi.

Ah, avevo anche un’altra cosa: almeno tre false partenze alle spalle. Ma di questo parleremo la prossima volta.

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