Roll out: la triste bellezza di credere nel progresso

25 dicembre 1984 – Nasco in una grigia cittadina di provincia del Nordest;

1985 – In Italia viene trasmessa per la prima volta la serie animata Transformers, che assieme a Masters of the Universe, Ken il Guerriero e I Cavalieri dello Zodiaco mi insegna il 95% di quanto occorra sapere;

Ca. 1986 – Vedo per la prima volta Guerre Stellari: non ricordo esattamente quando dato che è come se lo conoscessi da sempre, tipo mia madre;

1987 – Inizio a frequentare l’asilo, indossando a volte un paio di occhiali senza lenti per ostentare una saggezza che non ho;

Ca. 1988 – Appare in casa il primo PC, un Olivetti: riesco quasi immediatamente a mandarlo in tilt, costringendo mia madre a passare delle ore al telefono con un tecnico per sistemarlo in remoto;

Ca. 1989 – Costruisco la mia mitica cassetta degli attrezzi da inventore, con l’obiettivo di costruirmi un computer tutto mio;

1990/2017 – Mi cimento in diverse imprese più o meno rilevanti ai fini di questa storia tra cui le prime scorribande online (IRC, Napster, il 56k: quella roba lì), una laurea in Ingegneria, maratone di Super Mario, l’esplosione di diversi condensatori, la scoperta dei sistemi *nix, la scrittura di un provocatorio software post-moderno chiamato “Age calculator for dummies” (che fa esattamente quello che il nome promette). E poi l’acquisto e uso di diverse schede Arduino, di due Lego Mindstorms, di un Robi (a puntate) e di un Raspberry PI. Leggo tutto il Ciclo della Fondazione di Asimov assieme agli altri libri fondamentali per essere un Ingegnere, vedo tutti i film giusti tra cui 2001: Odissea nello Spazio e The Black Hole.

Oggi – Navigo con sgomento tra i nodi di una Rete che trovo, in mancanza di termini migliori, deludente. Ripenso alla mia cassetta degli attrezzi, al fatto che se avessi immaginato quello che vedo ogni giorno attorno a me forse avrei passato più tempo a giocare a calcio e meno a imparare.

Cosa c’è di deludente? C’è che sembra di essere arrivati al preludio del Jihād Butleriano di Dune: non nel senso che la guerra con le macchine sia vicina (anzi!) ma nel senso che il Mondo sembra affondare nel misticismo e nell’oscurantismo, inzuppato in un rigurgito luddista. La gente teme e odia un progresso che non comprende. L’Intelligenza Artificiale, da sempre delicatamente paventata come possibile minaccia all’Umanità ma anche come gigantesco balzo avanti verso la libertà dal nostro giogo solitario di unica specie senziente, viene confusa con un errore nella programmazione di due software che non riescono a parlare tra loro come dovrebbero; iniziano a diffondersi mezzi a guida autonoma e anziché essere contenti li consideriamo una minaccia; abbiamo quasi debellato malattie mortali e riusciamo a riportarcele in casa per paura dell’immaginaria cospirazione di un nemico non ben specificato. E avanti così. Pare quasi che conoscere sia diventato una colpa, che sforzarsi di far progredire la scienza e la tecnica sia visto com’era vista la magia nera nel Medioevo.

Sembrerebbe uno scenario sconfortante, in effetti. Poi però uno si ricorda di un aspetto molto importante e sovente trascurato delle interazioni umane: molto spesso i più rumorosi sono anche quelli che hanno meno da dire. Ne deriva, specularmente, che per mille persone che passano la giornata su Facebook a cercare di convincere gli altri che la Terra sia piatta, ce n’è sempre una che se ne sta zitta col capo chino sui libri per imparare a spedire satelliti in orbita, o a polarizzare un transistor, o a esercitarsi con il Game of Life: forse la cosa non li porterà a grandi soddisfazioni, le probabilità sono sfavorevoli. Magari però riusciranno ad arrivare a vette tipo quelle raggiunte dal buon Elon Musk, che non avrà un’azienda stabilissima dal punto di vista finanziario ma che è riuscito finalmente a portare sul mercato un’auto elettrica che tutte le recensioni definiscono impareggiabile, la Model 3.

Domani – Domani guarderò il mondo come al solito, con occhi sognanti: sono più di trent’anni che aspetto un camion che possa trasformarsi in robot gigante, non si sa mai che nonostante la zavorra rappresentata dai disfattisti qualcuno con una cassetta degli attrezzi migliore della mia me ne costruisca uno.

Ora per favore fate partire questa canzone, e ripensateci ogni volta che la gente attorno vi farà sentire i soli ad avere fiducia nel progresso umano. Non siete soli.

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