Si stava meglio quando si stava peggio, i giovani non hanno rispetto per nessuno, una volta si poteva lasciare la porta aperta e (soprattutto) Pippo Baudo è un professionista. Tutti prima o poi ci caschiamo, tutti categorizziamo il mondo in giovani contro meno giovani: è la trappola della maturità sopravvenuta, la volontà di guardare dall’alto in basso, forse un filo di rivalsa avendolo noi subito a nostra volta. La lotta tra generazioni è un tema ricorrente nella storia dell’Umanità: ci si sono confrontati autentici giganti del pensiero. Ultimamente vanno di moda i mitici millennial, termine usato per indicare una generazione che sembra essere colpevole delle peggiori tare comportamentali (tipo essere sboccati sul posto di lavoro e non fare abbastanza sesso) ma che però è allo stesso tempo tanto, tanto buona, brava e liberal. Anche se forse è il contrario.
Io stesso ho sempre considerato “millennial” un sinonimo di “imbecille che non sa fare il pieno alla macchina se non legge come fare su Wikihow“: d’altronde è davanti agli occhi di tutti, no? Si tratta di gente sempre attaccata allo smartphone e priva di reali capacità comunicative, persone senza idee e senza ideali, bamboccioni e anche un filino choosy. Gente nata negli anni tra… aspetta, non sono sicuro: sarà il 1990? Il 1995? Il 2000? Dev’essere per forza il 2000, lo dice la parola stessa: millennial, millennio, mille e non più mille. Devo controllare però, se voglio detestare veramente queste persone devo informarmi: know your enemy, lo dicevano anche i Rage Against the Machine. Andiamo a controllare per scrupolo cosa dice Wikipedia, che non sarà affidabilissima il 100% delle volte ma su queste cose è un’autorità. Ecco qui: i millennial, detti anche Generazione Y, sono quelli “nati tra i primi anni 80 e i primi anni 2000 nel mondo occidentale”.
Oh, no!
Io sono nato nel 1984. Momento di panico: per tutto questo tempo sono stato un millennial senza saperlo. Per anni ho creduto di essere un anti-millennial e invece sono un semplice millennial auto-odiato. Niente panico, la parola ha un bel suono in fondo: millennial, sembra roba di lusso. Adesso che faccio però? Intanto chiudo la porta, non si sa mai che entri qualcuno e mi scopra. Poi occorre diventare più liberal e iniziare a imprecare di più. O forse devo diventare meno liberal e disinteressarmi al sesso? Lo dicono i giornali, a me il sesso non deve interessare. Sicuramente devo smettere di leggere, no? Aspetta, qui dicono il contrario! Che casino! In Rete (mezzo prediletto di indagine di noi millennial) si trova tutto e il contrario di tutto sulla mia generazione, solo che io un sacco di quelle caratteristiche lì mica le ho. Stranissimo: sembra quasi che si tratti di un’accozzaglia di luoghi comuni usati in maniera molto comoda per incensare o disprezzare una categoria arbitrariamente definita di persone che è composta da gente in realtà molto variegata. Sembra quasi una forma troppo approssimativa di segmentazione, basata non sui comportamenti ma su un criterio demografico molto ampio e francamente incomprensibile, per poi attribuire a forza al segmento posticcio individuato alcuni comportamenti in maniera retroattiva (scegliendo di volta in volta le modalità di indagine e i campioni adatti per supportare l’una o l’altra teoria). Quasi, eh? Magari hanno ragione loro. Magari però ha ragione lei.
Ora per favore fate partire questa canzone, e allontanatevi sulla vostra Vespa scoppiettante disturbando la pubblica quiete.
Bello. E, tanto per ribadire che forse il problema non sono le ultime generazioni, a inizio anno a scuola abbiamo fatto una riunione con 4 psicologhe per definire ogni tipo possibile e immaginabile di disturbo nell’apprendimento dei ragazzi. Dopo una mezz’ora di chiacchiere al vento, si alza il nostro collega amazzone e dice: ‘Sapete che nel mio villaggio la settimana scorsa ho visto un bambino di 4 anni che pescava?’
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I bambini hanno come limite quello che impongono i genitori. E Pippo Baudo è un professionista.
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Voglio fare il parrucchiere.
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